“
Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire”
Italo
Calvino
Introduzione – Il fatto
Quest'anno,
in occasione del settimo centenario della nascita di Giovanni Boccaccio, sono
fiorite numerose pubblicazioni, critiche e letterarie, sull'opera dello
scrittore certaldino, in particolare sul Decameron. Tra queste, in
un'intervista per Il Venerdì di Repubblica del 4 Ottobre 2013 a firma di
Luigi Irdi, Aldo Busi rispolvera per l'occasione una sua “traduzione”[1]
del Decameron di Boccaccio la cui prima edizione, per Rizzoli, risale
addirittura al 1990 e che, quest’anno, è stata premiata col Premio Letterario
Giovanni Boccaccio 2013.
Aldo Busi è noto come romanziere,
come critico artistico e letterario, come personaggio televisivo, ma in
particolar modo per il suo spirito provocatorio, ostentatamente rivoluzionario
e disfattista, con cui si presenta nelle varie trasmissioni televisive. Ne
segue che Busi veda naturale, addirittura “indispensabile”, una “traduzione”
del capolavoro boccaccesco, in quanto – cito – “L'italiano del trecento è una lingua totalmente straniera” che,
come tale, merita di esser tradotta proprio come le opere inglesi, francesi
ecc.
Al rischio di corrompere il
messaggio originale dell'autore, la sua ultima volontà, Busi contrappone il
notevole guadagno tratto dal recuperare un' opera relegata in asfittiche
edizioni piene zeppe di note linguistiche che, per il traduttore, sono “una gran rottura di palle”. Allora via
all'attualizzazione coatta, benvenuti neologismi, anacronismi, che ripristino
il senso del riso che, sotto una patina linguistica ormai datata, si era perso
nell'opera originale che, comunque, resta a disposizione di tutti. Questa è
un'operazione che, a detta dell'autore non dovrebbe risparmiare nessun testo,
anche più recente – si cita Le sorelle Materassi di Palazzeschi – pur di
riportare alla luce opere altrimenti confinate ai più remoti e polverosi
scaffali delle librerie.